[…] Perché il bene a venire del mondo dipende in parte da azioni di portata non storica; e se le cose, per voi e per me, non vanno così male come sarebbe stato possibile, lo dobbiamo in parte a tutti quelli che vissero con fede una vita nascosta e riposano in tombe che nessuno visita
G. Eliot, Middlemarch

lunedì 8 agosto 2011

Echi di guerra nel Settecento

Nella prima metà del XVIII secolo Venezia era ormai ampiamente indirizzata verso la sua decadenza, un'agonia che avrebbe inesorabilmente condotto la Serenissima alla fine prima del volgere del secolo. Nonostante la dichiarata neutralità eruropea, Venezia impegnava enormi quantità di denaro e uomini nelle sue guerre contro l’Impero Ottomano.
Sicuramente i movimenti di truppe dovevano essere piuttosto frequenti nella Terraferma, a non eccessiva distanza dal confine nord con l’Austria. Certo, poi, un piccolo contingente era stanziato nella sede della Podesteria della Valle a Clusone e truppe venivano regorlarmente reclutate nelle Valli per il servizio di mare.
Non stupisce dunque, sfogliando un bel registro manoscritto e dipinto con deliziosi acquerelli nel 1784 da Giovanni Legrenzi, "perito ed agrimensore colegiato", trovare fieri e solenni due soldati in uniforme del Settecento.
La giacca, i pantaloni a coulotte, le lunghe ghette sono bianchi; il risvolto delle maniche, il bavero e il fodero interno sono rossi. Richiamano i colori delle divise austriache, ma l’identificazione non è del tutto certa perché le varianti erano notevoli a seconda dei signoli corpi e reggimenti; bianche e rosse erano anche alcune divise spagnole, ad esempio. I nostri soldati indossano anche un piccolo tricorno nero decorato da un ampio fiocco blu quello di destra e da un papillon giallo quello di sinistra. Sono entrambi equipaggiati con una sciabola appesa sul fianco sinistro e un moschetto senza baionetta. Entrambi hanno un piccolo borsello in pelle che pende sul fianco destro: è il borsello che contiene il corno con la polvere da sparo e i pallini in piombo che fungevano da proiettili. Al collo compare una gorgiera (un rigido avvolgimento di stoffa bianca) che si vede bene nel soldato di sinistra. Sotto alla giacca indossano un corto pantalone al ginocchio (detto coulotte, alla francese) con delle lunghe ghette abbottonate sul fianco e degli stivali o scarpe neri. I due soldati hanno i baffi, che erano ancora di moda ai primi del XVIII secolo, ma non nel 1784 quando l’acquerello venne eseguito. Non indossano una parrucca, ma portano i capelli lunghi legati in una treccia.
In riferimento a questi due fanti del XVIII secolo possiamo aggiungere qualche nozione generale sulle truppe dell'epoca. Innanzitutto la concezione della guerra nel XVIII secolo è assai diversa dalla nostra: le battaglie sono solo intermezzi fra un'azione diplomatica e l'altra e il cui esito può influenzare alleanze, capitolazioni o vittorie. Le battaglie, dunque, non sono eccessivamente determinanti nello svolgimento delle guerre. In battaglia, inoltre, vi era un codice militare molto preciso: vietato, ad esempio, sparare agli ufficiali; segno di buona creanza era il concedere al nemico il primo colpo (“Messieurs les Anglais, tirez les premiers!” alla battaglia di Fontenoy, 11 maggio 1745); obbligatorio sparare una volta per schieramento. Immaginate dunque ordinati battaglioni divisi in quadrati che si fronteggiano, avanzando uno alla volta e sparando a turno, con calma. Un vero massacro. In certi casi, poiché i soldati si disponevano su più file, si rischiava di essere colpiti dalle pallottole dei propri che sparavano qualche fila più in dietro: è quello che viene definito il "friendly fire", fuoco amico.
Va notata anche la smodata eleganza delle truppe, una eleganza che certo non era anche comoda e funzionale: le parrucche favorivano i pidocchi, mentre gorgiere rigide e ghette impedivano liberi movimenti.
Infine, una notazione sulle divise. Rosso fuoco per la Gran Bretagna, blu scuro per la Prussia, azzurro-grigio per la Francia, bianco per Austria e blu per Venezia: tutti definiti e ben riconoscibili, piuttosto che tute mimetiche. Perché? Imboscate, azioni segrete e agguati non rientravano nei codici di combattimenti del XVIII secolo, ancora cavallereschi e signorili. Quindi le tute mimetiche non avrebbero avuto alcuna funzione. Mentre colori sgargianti avrebbero favorito prima di tutto l'immediato riconoscimento della nazionalità del battaglione che si fronteggiava e poi avrebbero chiaramente segnalato i disertori.

Sfogliando altri registri dell'archivio, più precisamente il Liber mortuorum (registro dei morti), in data 18 febbraio 1710 si legge:

"Quidam Miles Boemus cum annorum aetate circiter 24 obijt, cuius nomen ignoratur, per signa prius a me baptizatus confessus, sacro viatico refectus, oleo sancto munitus, sepultus fuit in cimiterio post crucis columnellam Piarium versus" e cioè:

"Un certo soldato boemo, il cui nome si ignora, essendo di circa ventiquattro anni d'età, morì, fu da me battezzato confessato per segni, confortato del sacro viatico, munito di olio santo, fu sepolto in cimitero dopo la piccola colonna della croce verso Piario".
Cosa ci faceva a Piario un soldato boemo? Era solo o passava con altre truppe? Perché soldati austriaci sconfinavano? Perché il giovane soldato è morto?
Si può dire che, essendo la Boemia fortemente cattolica, il soldato è morto con i conforti della religione, confessato e munito di estrema unzione; non parlando la stessa lingua del sacerdote, il moribondo si confessò per segni, possiamo immaginare indicando l’uccisione di qualche nemico. Il sacerdote si confonde per un attimo e scrive "battezzato", poi lo cancella. Evidentemente il soldato boemo è già cattolico e battezzato.
La pietà della vicinia lo seppellì nel cimitero a fianco della Chiesa. Interessante la piccola colonna munita di croce, forse una sorta di cippo del cimitero stesso: lo stesso libretto citato all’inizio, datato 1784, ci fornisce una mappa del cimitero e una raffigurazione della medesima colonnetta. Essa si trovava direttamente dietro l’abside della chiesa, al centro del cimitero costruito nel 1761; il camposanto confinava l’area di seppellimento che prima si estendeva tutto intorno alla chiesa.
La spesa per la sepoltura è segnata anche altrove: "Adi 18 deto [febraro 1710] un boliti [bolletta, nota di pagamento] p(er) fare sepulire un todesho morto nel deta cura sono £ 2" (Registro della Misericordia, 1618-1735; Inv. R-6, p. 180).
Per cercare di contestualizzare la presenza del soldato, si ricordi la situazione politica e militare dell’Europa all’alba del XVIII secolo. Nel 1701 era scoppiata la Guerra di successione spagnola, combattuta fra Impero, Inghilterra, Province Unite e Piemonte contro Francia e Spagna per il trono di quest'ultima nazione, rimasto vacante con la morte di Carlo II. Nel 1705, precisamente il 16 agosto, venne combattuta a Cassano d'Adda una cruentissima battaglia, nella quale il duca di Vendôme impedì al principe Eugenio di Savoia il passaggio del fiume. Nel 1707 al dominio spagnolo in Italia, con centro nel Ducato di Milano, si sostituì quello asburgico. La guerra terminò per la Gran Bretagna nel 1713 (Trattato di Utrecht) e per tutte le altre nazioni belligeranti nel 1714, con il Trattato di Rastadt. Nonostante la Repubblica di Venezia fosse neutrale – data la debolezza non poteva permettersi una guerra lunga e destabilizzante – il territorio fu aperto agli eserciti nemici e divenne spesso campo di battaglia. Nelle cronache dell'epoca non si contano le testimonianze delle angherie e dei soprusi degli eserciti nei confronti della gente comune come delle chiese e dei conventi. Non stupisce dunque che nel 1710 un certo soldato boemo, arruolato nell'esercito imperiale, fosse morto a Piario e quivi piamente inumato.

Apparso su B.A.S.P. marzo/aprile 2003

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