[…] Perché il bene a venire del mondo dipende in parte da azioni di portata non storica; e se le cose, per voi e per me, non vanno così male come sarebbe stato possibile, lo dobbiamo in parte a tutti quelli che vissero con fede una vita nascosta e riposano in tombe che nessuno visita
G. Eliot, Middlemarch

venerdì 2 settembre 2011

Pietro Lippomani, 1520

“Visita alla Chiesa di S. Antonio di Piario.
Poi anche nello stesso succitato giorno [13 giugno 1520] il prelato Reverendo Monsignor Vescovo visitò la chiesa parrocchiale di S. Antonio di Piario [“da Piero” nell’originale], che è retta dal presbitero Giovanni Antonio de Casellis, vi si trovò avere una croce, calici, corporali, patena e purificatori e tutti gli altri ornamenti e paramenti della stessa chiesa e tutti i beni, disposti e ordinati secondo arte e niente da correggere tanto meno da emendare.
Allora interrogò Antonio Manfredino della fontana abitatore del luogo di Piario sindaco della detta contrada circa il regime, la vita, la condizione e la fama del prelato d. presbitero Giovanni Antonio de Casellis. Rispose che è un probo sacerdote e fedele, sollecito e vigilante e di buona condizione di doti e fama. Interrogato circa altre cose, rispose di non sapere nient’altro sul suo conto. Interrogato se sapesse se godeva dei beni della chiesa, rispose di no.
Allora fu interrogato Andrea di Pietro Sandri di Piario sindaco come sopra circa il regime di vita del predetto presbitero Giovanni Antonio e anche su altre cose; per quanto riguarda il presbitero confermò quanto sopra; riguardo alle altre cose rispose che, per quello che ne sapeva lui, quello reggeva e governava bene ogni cosa secondo Dio e niente vi era da correggere o da eliminare e non sapeva se vi fossero legati cui adempire, tranne, disse, che un certo Marco Chini di Piario fece un legato di sessanta lire imperiali ai vicini di S. Antonio di Piario il cui erede fu Giovanni detto Zanfardèl [“Joannes dictus Zanphardellus”]: tuttavia il Signor Francesco Rota ebbe un introito sopra i beni lasciati per il detto Marco Chini dal quale fu fatta richiesta al signor maestro Salvino da Villa d’Ogna [“Villa Ogniae”].
Alla fine interrogò il presbitero Giovanni Antonio, rettore come sopra, se avesse qualcuno [fra i fedeli] non confessato dei suoi peccati e che non avesse ricevuto il Sacramento all’altare; rispose di avere qualcuno che faceva questa cosa, ma che poi aveva promesso di rispettare i precetti della Chiesa”.

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