[…] Perché il bene a venire del mondo dipende in parte da azioni di portata non storica; e se le cose, per voi e per me, non vanno così male come sarebbe stato possibile, lo dobbiamo in parte a tutti quelli che vissero con fede una vita nascosta e riposano in tombe che nessuno visita
G. Eliot, Middlemarch

lunedì 8 agosto 2011

Quando il fiume Serio era un dio

Bei tempi, potreste dire. Già, erano i bei tempi in cui ogni forma della natura veniva amata e rispettata e in quanto tale considerata sede di uno spirito. Così i boschi si popolavano di ninfe, fauni, divinità senza nome che presiedevano a piante, frutti, sorgenti d'acqua. Sono soprattutto queste ultime a ricevere con maggior frequenza lo status divino. E non c'è bisogno di spiegare il perché: l'acqua è vita.
Così anche il fiume Serio doveva suscitare un qualcosa di misterioso, di superiore, di divino appunto. Quando le acque scorrevano ricche e pescose verso la pianura, quando era la sorgente principale della vita dei popoli della valle e della pianura contigua, quando bagnava placido e tortuoso le sponde erbose, in quel tempo, ebbene, il Serio era un dio.
La prova ci giunge da un raffinato altare scolpito nella pietra, di epoca romana, trovato in località Castello di Ricengo, quattro chilometri a nord di Crema. Il blocco di pietra, in ottimo stato di conservazione, è stato rinvenuto fortuitamente dal parroco locale, tale d. Aschedamini, nel 1975-8. Essendo appassionato ricercatore e studioso, raccolse in un ponderoso manuale dattiloscritto tutti i risultati delle sue scoperte, fra cui la descrizione del bell'altare di cui sopra.

L'iscrizione, pulita e molto ordinata, recita:

«Sarrio
flum(ini) sacr(um)
A(ulus) Selius Theophil(us)
Selia Secunda
V(otum) s(oluerunt) l(ibentes) m(erito)»

e cioè: "Consacrato al fiume Serio. Aulo Selio Teofilo e Selia Seconda sciolsero il voto liberamente e meritamente".
La formula è molto semplice e sotto certi aspetti convenzionale. Il nome della divinità in prima sede, scritto in caratteri più grandi, quindi i coniugi dedicanti e, infine, la sigla finale V.S.L.M., forma pagana per il nostro più familiare e cristiano V(otum) F(actum) G(ratia) R(ecepta), che possiamo vedere negli ex-voto di molto santuari, non escluso quello di S. Rocco.

Ma c'è qualcosa di particolare. Bisogna notare, prima di tutto, che l'altare non rappresenta "un culto delle acque generico o del genius di qualche realtà idrica puntuale, ma della personificazione divina di un fiume", cioè si venerava non uno spirito che proteggeva il fiume, bensì il fiume stesso. Secondariamente, che in genere tale culto viene prestato a fiumi di dimensioni assai maggiori (a livello dei fiumi Po e Reno). Infine, che la presenza della specificazione "fiume Serio", e non "Serio" e basta, indica una certa incertezza, una paura che la dedica non venisse capita (a prescindere dal fatto che l'altare era necessariamente collocato nei pressi del fiume). Ma qui sorge un'ulteriore riflessione: se il fiume è piccolo, di certo il suo culto non sarà stato troppo diffuso, almeno fuori dalla zona in cui il fiume aveva una parte importante nella vita comunitaria. Allora, ancora, perché specificare "fiume Serio", se l'altare e il culto sono relegati in uno spazio circoscritto? Una ripetizione, dunque, forse per maggiore chiarezza. La presenza del "sacrum", anche se non è una novità nelle iscrizioni religiose, forse serve a garantire una più rapida comprensione del testo esposto, "volendovisi precisare la sacralità del gesto e dunque, per via indotta, la natura divina della figura dedicataria, forse di non immediato riconoscimento".
Sull'identificazione del fiume con il Serio non ci sono dubbi, anche se in passato ci fu incertezza se attribuire il nome Ubertum al nostro Serio o all'Oglio. L'Anonimo Ravennate, documento del IX-X secolo d.C. recita: "Per quam nobilissimam Italiam transeunt plurima flumina: sed omnium fluminum praefatae Italiae praecipuus esse videtur fluvius qui dicitur Padus. In quem Padum ingrediuntur ad partem quasi semptentrionalem flumina, id est Duria, Stura, Orgo, Amalune, Duria Bautica, Sisido, Agunia, Ticinus, Olonna, Lambrus, Sarius, Ollius, Mella, Clesius, Mintius, Tartarus" ("Attraverso la quale nobilissima Italia scorrono moltissimi fiumi: ma di tutti i fiumi della suddetta Italia sembra essere più importante il fiume chiamato Po. Nel quale Po si immettono da Nord i fiumi Dora (Riparia), Stura, Orgo, Amalune, Dora Baltea, Sesia, Agunia, Ticino, Olonna, Lambro, Serio, Oglio, Mella, Clesius, Mincio, Tartarus").

La parte superiore dell'altare, chiamato tecnicamente foculum, è molto raffinata, costituita da un simmetrico avvolgersi di foglie d'acanto inserite in una decorazione a cordoncino che si dipana nella fascia centrale. Qui sopra si sacrificava alla divinità o più semplicemente si libava con acqua lustrale, vino o miele.
Cerchiamo di immaginarceli, i coniugi Selii, il marito Theophilus con il capo coperto da un velo, mentre la moglie gli porge una pàtera colma di vino mescolato a miele. Pronunciando le formule di rito, egli versa il liquido sull'altare ingraziandosi un dio tanto ignoto quanto affascinante, che aveva ascoltato la loro preghiera e l'aveva esaudita, dando loro modo di poter scrivere con orgoglio: "Votum soluerunt libentes merito".


Citazioni e studio originale in: Sartori A. T., Una nuova divinità acquatica lombarda, in Paci G. (a cura di), «Epigrafai - miscellanea epigrafica in onore di Lidio Gasparini», Tivoli 2000.
Apparso su B.A.S.P. maggio/giugno 2003

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