[…] Perché il bene a venire del mondo dipende in parte da azioni di portata non storica; e se le cose, per voi e per me, non vanno così male come sarebbe stato possibile, lo dobbiamo in parte a tutti quelli che vissero con fede una vita nascosta e riposano in tombe che nessuno visita
G. Eliot, Middlemarch

lunedì 8 agosto 2011

Le fucine Ginammi a Groppino e una lettera di ingiunzione dal Senato Veneto

Una lettera inviata dall'Autorità veneta al Podestà di Clusone e ora conservata presso un privato, che ce ne ha fornito una copia da studiare, suscita un certo interesse per le informazioni che riporta. Parte del documento, che un tempo doveva giacere presso l'Archivio Comunale di Clusone, era stata già pubblicata (con tanto di fotografia), tradotta ed interpretata verso il 1968 su L'Eco di Bergamo ad opera di Jori e Speranza, tuttavia con alcune imprecisioni abbastanza gravi. I due appassionati di storia locale, infatti, collocavano la lettera nel 1574, anticipandola di ben due secoli. Con l'ausilio paleografico del dott. Gabriele Medolago ho invece stabilito senza alcun dubbio la datazione al 1774. La lettera è stesa su un foglio di carta della misura di 27.7 x 19.2, in buone condizioni, mancante di un angolo (lacuna che però non intacca la scrittura), munito di sigillo impresso su carta e di alcune segnature archivistiche a matita ("18", "10") e di una segnatura protocollare originale ("201"). Sul verso, in corrispondenza della piegatura in ottavi, vi è l'intestazione: "Sp(ectabili) et Gen(ero)so Viro D(omi)no Potestati Clusonis Hon(oran)do", cioè "Allo Spettabile e Nobile Uomo, Signor Podestà di Clusone, onorando".
Il documento è la risposta dell'Autorità veneta ad una supplica inviataglia dal nobile Camillo Ginammi di Gromo (probabilmente ancora conservata all'Archivio di Stato di Venezia) a riguardo di alcuni suoi beni posseduti a Piario, presso Groppino, oggetto di danneggiamenti. In particolare egli possedeva delle fucine che si servivano di canali artificiali attingenti l'acqua dal fiume Serio (perciò detti 'seriole'). Alcune persone deviavano i corsi d'acqua o li ostruivano con sassi e legname, danneggiando così la produzione delle fucine. La supplica ottiene che da Venezia si ordini l'immediata cessazione dell'attività di distrubo, minacciando gravissime sanzioni e pene.
Riporto il testo del documento in latino e di seguito la traduzione, ringraziando Elena Palazzi per i suggerimenti. I criteri di edizione adottati sono i seguenti: ho distinto "v" da "u" secondo i parametri moderni, ho adattato l'uso delle maiuscole ai criteri moderni, ho eliminato gli apostrofi in eccesso, ho sostituito i due punti quando stavano per il punto nelle abbreviazioni, ho sciolto le abbreviazioni in parentesi rotonde.
"Sp(ectabilis) et Gen(erosus) Vir. Ad hoc ut unusquisque in hoc Serenissimo Dominio quiete, et pacifice, in possessu bonorum suorum vivere possit; sic de opportuno requisiti suffragio parte, et nomine Nob(ilis) D(omi)ni Camilli Ginammi Vestram requirimus Sp(ectabilitat)em, ut ordine N(ost)ro pubblice proclamari faciat locis solitis, et consuetis, ac inter Missarum solemnia, ubi requisita fuerit, quod nemo audeat de facto, et propria auctoritate sub quovis colore, vel praetextu, nec per se, nec per interpositas personas ullo modo se ingerere, nec manus pedesque ponere in bonis de ratione dicti Ginammi sitis in loco dicto de Groppino damnum aliquod inferrendo, nec minus in acquaeducto, seu seriola, quae post usum aedifficii, et fucinae D(omi)ni Iosephi Ginammi defluit separatim in duobus partibus per bona dicti instantis, impediendo, augendo, aut minuendo lignis, aut saxis cursum aquarum dictae seriolae, aut quoquomodo operationes, et novitates ullas in ipsis aquis perpetrare, easdem devertendo a solito, et consueto eorum cursu; et hoc sub poena d(enarioru)m 100 banni, carceris, funis, triremis, ac aliarum arbitrio Iustitiae; et casu cuiuscumque trangressionis Sp(ectabilitas) Vestra deveniat contra transgressores ad formationem processus, quem postea formatum, et nemini panditum Nobis sub suis litteris, et sigillo transmittet pro effectibus Iustitiae, et correctione reorum inspecta qualitate transgressionis et personae; hasce Nostras vulgari sermone redactas ad hoc nemo fingere possit ignorantiam post earum pubblicationem, ut supra, affiggi faciat ad valvas Ecclesiae. Sic exequatur, et exequi faciat, de executione Nobis rescribat, et B(ene) V(aleatis).
Venetiae die 31 8bris 1774
[Firmato]"
"Spettabile e Nobile Uomo. A ciò, affinché in questo Serenissimo Dominio chiunque possa vivere quietamente e pacificamente nel possesso dei propri beni; così, richiesti di appoggio favorevole da parte e in nome del Nobile Signore Camillo Ginammi, richiediamo a Vostra Eccellenza, affinché Ella faccia proclamare pubblicamente per Nostro ordine nei luoghi soliti e consueti ed entro le parti solenni delle Messe, ove sarà stato richiesto, che nessuno osi di fatto e per propria autorità sotto qualsivoglia colore o pretesto, né attraverso se stesso o per interposta persona, in alcun modo intromettersi né introdurre mani o piedi nelle proprietà di ragione del detto Ginammi siti nel luogo detto di Groppino, causando qualche danno, tantomeno nel canale, o seriola, che, dopo l'uso dell'edificio e della fucina del Signore Giuseppe Ginammi, fluisce separatamente per le proprietà del suddetto supplicante, coll'impedire, coll'aumentare o col diminuire con legni o sassi il corso d'acqua della detta seriola o perpetrare in qualunque modo attività e nessuna novità nelle stesse acque con lo sviare le medesime dal solito e consueto loro corso; e questo sotto pena di 100 denari, banno (?), carcere, fune, trireme, e altre cose ad arbitrio della Giustizia; e nel caso di qualsiasi trasgressione Vostra Eccellenza addivenga alla formazione di un processo contro i trasgressori, dopo averlo formato e in segreto Ci trasmetta con sua lettera sigillata per effetto della Giustizia e correzione dei rei, osservato il grado della trasgressione e della persona; affinché nessuno posa fingerne ignoranza dopo la sua pubblicazione, come sopra, faccia affiggere questa Nostra redatta in lingua volgare alle porte della Chiesa. Così si esegua, si faccia eseguire ed Ella riscriva a Noi riguardo alla sua esecuzione e stia bene.
Venezia, il 31 ottobre 1774
[Firmato]"
L'errore di datazione è stato ripreso da quella ditta di Genova incaricata dal Comune anni or sono di effettuare ricerche storiche su Piario. Nella brevissima relazione (solo due pagine, "Notizie storiche", d'ora in poi NS) si dice: «…esiste una singolare supplica inviata al Doge Alvise Mocenigo dal nobile Giuseppe Ginami di Gromo, riguardante una fucina da maglio per folli e chiodere, in località Groppino e nella quale si lamenta che i valligiani locali per favorire le loro fabbriche situate più a monte, forse anche per l'avversione contro i forestieri o forse perché essi stessi danneggiati, arrecavano danni o impedivano il corso del fiume o seriola. Seguiva l'elencazione della lavorazione delle armi da taglio che servivano per la Serenissima: spade, stocchi, cortello, daghe e simili da hasta come alabarde, ronche, puntoni e siffatti… Il Doge nella risposta diceva: "…che nessuno osi di fatto, sotto qualsiasi scusa o pretesto portarsi né por mano o piede nei beni del detto Ginami, siti in loco detto Groppino, pena la multa di denari 100 o la pena della fune o del trireme…"». Si potrebbe supporre che la supplica e la risposta non abbiano nulla a che fare con il nostro documento, dato che vi sono alcune incongruenze: prima di tutto, il nome del supplicante, Giuseppe Ginammi, invece di Camillo; secondo, la colpa data dalla supplica ai valligiani, che invece non emergono nella risposta; infine, la traduzione della risposta non del tutto corrispondente al nostro documento. Tuttavia altri elementi farebbero presupporre che la vicenda sia proprio quella del 1774. Inanzitutto, quel Giuseppe Ginammi compare effettivamente nel nostro documento, in qualità di vicino del Nobile Camillo; la confusione era dunque possibile. Il fatto che i valligiani non siano indicati nella risposta è solo sintomo di prudenza da parte dell'Autorità veneta, che non intende accusare prima dell'istituzione di un regolare processo. Infine, la traduzione non è del tutto corrispondente, ma in larga parte sì, se si tiene conto che la citazione ha omesso alcune sezioni del testo. Ma quello che più di tutto prova la connessione fra l'articolo del 1968 e le NS sono la citazione che queste ultime fanno del primo: "per l'avversione contro i forestieri o forse perché essi stessi danneggiati" ricalca esattamente l'articolo, in cui si dice "forse per avversione contro i forestieri o forse perché danneggiati nei loro interessi". Inoltre, mal guidato dall'articolo di Jori e Speranza, l'autore delle NS collocava il fatto nel XVI secolo. La confusione era possibile anche a causa dell'omonimia fra il Doge Alvise I (1570-1577), che Jori e Speranza citano esplicitamente come autore della lettera, e Alvise IV (1763 – 1778). Non è un caso che nelle NS si parli del Doge Alvise Mocenigo e, pur non indicando alcuna data, si intuisce trattasi del primo. Inoltre, nelle NS si riporta anche quella parte di documento che nell'originale risulta cancellata, ma che è ugualmente riportata senza cancellatura nell'articolo del 1968 ("né por mano o piede").
Allora, negando così l'esistenza di due suppliche simili, possiamo ritenere senza dubbio che supplica e risposta, entrambe riguardanti il Nobile Camillo Ginammi, risalgano al 1774 e cioè al dogato di Alvise IV Mocenigo.
Riguardo ai nobili Ginammi, è da notare che essi erano i proprietari del castello che ancora si può vedere a Gromo. Famiglia assai potente, per diversi secoli fu leader nella produzione delle spade, che facevano concorrenza alle lame di Toledo, e che videro il declino solo a causa di una rovinosa frana che distrusse le manifatture di Gromo, chiuse poi definitivamente nel 1750 a causa della concorrenza tedesca. Forse è anche per questo che Camillo Ginammi difendeva con ogni mezzo legale le proprie manifatture (le ultime rimastegli?). La famiglia aveva rapporti particolarmente stretti con Venezia, dato che nel 1723 Lorenzo Ginammi venne eletto Podestà di Clusone.
Dall'altra parte, anche Piario aveva una lunga tradizione nella manifattura del ferro: in una relazione patrimoniale della Repubblica Veneta del 1484 "risulta chiaramente, fra tante citazioni di privilegi e di franchigie, che anche a Piario prosperava «il commercio dei panni, dei curami, delle coti e la manifattura del ferro e delle armi»" (NS). Diverse fucine erano allora attive, in paese (contrada Cadoriano, dove una casa mostra ancora i forni e il pozzo per la lavorazione del metallo) e in riva al Serio, dove un paio di ruderi si ergono rispettivamente all'altezza della Chiesa Parrocchiale (toponimo: Neppe) e all'altezza di Piazza Roma. Nei documenti d'archivio non emerge questa attività, se non per una relazione di S. Visita Pastorale dell'anno 1666: "li [i bambini] essercitano a far chiodi". Ancora nel 1820 Maironi da Ponte nel suo Dizionario odeporico, annotava: "A Groppino basso esistono alcuni grandi edifici per la riduzione del ferro, vi è pure una fucina anche nell'interno del villaggio, chiamata la fucina delle Neppe" (in realtà, le Neppe erano sul Serio).
Poiché nulla sappiamo di ulteriori procedimenti penali contro quelli di Piario, dobbiamo supporre che le disposizioni venete suscitarono l'effetto desiderato.


Apparso su B.A.S.P. Settembre/Ottobre 2004

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