Ricerche di storia locale dal XV al XX secolo, dall'Archivio della Parrocchia di Piario (BG), a cura di Daniele Salvoldi
[…] Perché il bene a venire del mondo dipende in parte da azioni di portata non storica; e se le cose, per voi e per me, non vanno così male come sarebbe stato possibile, lo dobbiamo in parte a tutti quelli che vissero con fede una vita nascosta e riposano in tombe che nessuno visita
G. Eliot, Middlemarch
G. Eliot, Middlemarch
sabato 27 agosto 2011
Scandaloso Chronicon/8
«Risposta del Parroco (al quale S. Ecc. Ill.ma Rev.ma s'era degnato spedire il suscritto memoriale perché si facessero le debite controosservazioni).
Eccellenza Ill.ma Rev.ma,
Finalmente dopo aver rovistato l'Archivio Parrocchiale, e d'aver raccolti alcuni documenti, eccomi a dare una risposta a quanto l'Eg. Sig. Segretario afferma col memoriale avanzato, e che restituisco.
Innanzitutto dichiaro, ch'io non tento neppure di impugnare la proprietà legale dell'orto in questione da parte del Sig. BASILISCO e d'altro attiguo alla Chiesa di S. Rocco (del quale ultimo non s'è ancor parlato) giacché questa è troppo provata dal fatto di trovarsi egli intestato agli uffici governativi. Mio intento è questo solo di contestare allo stesso la proprietà morale di detti appezzamenti, e rivendicarla alla vera proprietaria, la Fabbriceria.
E qui tralasciando di rilevare la tendenziosità del memoriale avanzato, che balza agli occhi subito, e neppure quell'ampollosità di forme e termini, coi quali, con tanta osservanza, afferma la sua proprietà morale, e per i quali fa quasi credere ch'egli stesso ne dubiti realmente, se trova il bisogno di circondarla di tanto profluvio di termini; entro subito in argomento.
Constato volentieri collo stesso Segretario che i 2 orti, che chiamo ambedue in questione, assiem con un'area di casa diroccata, fossero una volta proprietà della Fabbriceria, che ciò, fra l'altro, è chiaramente provato dal Documento N. 1 che presento, a pag. 25 per l'orto del Parroco, a pag. 30 per l'orto a San Rocco, ed a pag. 25 retro per l'area di casa diroccata.
Convengo nuovamente con lui, che detti appezzamenti, unitamente a molti altri, vennero incamerati e poi venduti al Demanio, ed ancora come il primo acquisitore fosse certo Nigherzoli Bonaventura fu Pietro di Clusone.
Solo farò osservare che detto Sig. Nigherzoli era possessore puramente fiduciario e per conto della Fabbriceria, com'è chiaramente detto nella lettera del def.o antecessore Rev.mo Todeschini, che forma il documento N. 2.
Convengo ancora nell'ammettere che detti appezzamenti, colla dovuta licenza da parte della Ven.a Curia Vescovile furono nuovamente venduti, perché non erano inmani troppo sicure, e come così passassero nelle mani del Sig. BASILISCO, allora fabbriciere di questa Chiesa. Ma qui occorre poniamo la vera questione:
Il Sig. BASILISCO comperava allora per sé o per la Fabbriceria, almeno quei tre piccoli appezzamenti, ch'io chiamo globalmente in questione?
È vero ciò che afferma oggi il Segretario, che il testatore, dal quale ereditò detti appezzamenti, non abbia lasciato, almeno verbalmente dichiarazioni, raccomandazioni, indicazioni di sorta, per riguardo alla vera proprietà della Fabbriceria?
Innanzitutto sembra improbabile che la Fabbriceria s'inducesse ad alienare definitivamente quei tre appezzamenti, sia per il poco che ne avrebbe ricavato, sia perché v'erano tutte le ragioni di convenienza per conservarli. Un'orto vicinissimo alla canonica, benchè di soli metri 2002 (è di superficie minore: 1202) dovea tornar non solo commodo, ma necessario a tutti i Parroci futuri; la vendita assoluta poi dell'altro, attiguo affatto e lateralmente disposto all'oratorio di S. Rocco avrebbe potuto col tempo dar luogo a serii inconvenienti. L'area poi di casa diroccata, per la quale oggi ogni questione è finita, sarebbe potuta necessitare in tempi migliori per riedificare la casa del Cappellano.
Ma quasi non bastassero le ragioni del poco ricavato, o dell'assoluta convenienza di conservarli, e non alienare definitivamente quei 3 appezzamenti, non bastassero a convincere che detta alienazione definitiva difficilmente sia avvenuta; ecco che lo stesso Segretario si prende l'impegno di provarcelo formalmente con un suo prezioso autografo, rilasciato già alla Fabbriceria e che impugna in modo assoluto, ciò che ora, a soli 20 anni di distanza, afferma con tanta asseveranza. Ed ecco il documento N. 3.
(si trascrive qui esattamente)
«Quota parte spese spettanti alla Fabbriceria per la successione dei beni della stessa da BASILISCO in FRANCO
Per tassa Registro, voltura ed inerenti £ 26.20
Prediali di anni 7 cioè a tutto il 1887 £ 22.80
£ 43:00
F.o BASILISCO»
Scritto dal R.do Tomasini sul medesimo biglietto: «Rilasciato dal Sig. FRANCO di Ogna per norma di questa Fabbriceria il 3 Aprile 1887»
A tergo ancora a scrittura Tomasini: «Promemoria del Sig. FRANCO»
Nota: Si trova in Curia l'originale.
In esso lo stesso Segretario erede, scrive di: quota parte spese spettanti alla Fabbriceria per la successione dei beni della stessa da BASILISCO in lui stesso Segretario. Ma dunque non è egli stesso che ci testifica che il vero possessore dei 3 appezzamenti almeno, non è l'erede stesso, né il testatore, ma la Fabbriceria e questo lo testifica con una dichiarazione affatto esplicita da lui stesso stilizzata e vidimata 7 anni dopo la morte del testatore? Non comprende qui il Segretario, come egli stesso viene a dichiarare in scritto, che il testatore era solo possessore fiduciario, e che egli quindi non potea lasciargli in eredità ciò che non era suo?
E non ha la Fabbriceria pagate le £ 20.20 dal Segretario, parte in distinta spedicifca, quanto appunto, come consta dal documento N. 4 ne abbisognavano per farsi intestare legalmente e per conto della Fabbriceria dei 3 detti appezzamenti? E non le ha egli debitamente riscosse, mentre vi pone, a segno di ricevuta, il rituale: annullato?
Ma forse il Segretario non potendo sottrarsi all'evidenza assoluta che risulta dai documenti 3 e 4, vorrà dirmi che i beni dei quali parla nell'autografo, non sono quelli da me indicati, e ritenuti sempre come tali da tutto il paese, cioè come proprietà della Fabbriceria.
Ebbene io pongo sotto ai suoi occhi l'estratto censuario di quanto egli ha ereditato dal BASILISCO, lo esamini e mi dica quali sono questi beni, pei quali ha pagato la Fabbriceria.
Né il Segretario potrà negarmi l'autenticità dell'autografo e della sua firma, giacché questa vien accertata da apposita dichiarazione del Rev.do Tomasini parroco d'allora che la raccoglie, lo dice fatto per norma della Fabbriceria, e lo custodisce poi così gelosamente nell'Archivii, che potè pervenire insino a me oggi, che lo devo usare come documento in una questione non mai prima d'ora sollevata, e posta ora sul tappeto con tanto accanimento.
O vorrà forse dirmi il Segretario che ha già restituiti alla Fabbriceria quei beni dei quali parla nell'autografo, poiché allora io gli rivolgo questa domanda: di grazia a chi venne fatta questa restituzione? Quando? Quali beni furono restituiti? Può mostrarci la ricevuta, la pezza giustificativa dell'avvenuta restituzione? Che se non può dire a chi, quando, quali beni ha restituito alla Fabbriceria, né può mostrare una ricevuta qualunque, è chiaro che noi li possiamo ripetere ancora da lui quando li vogliamo.
Ma voglio dire io al Segretario quel bene, unico bene che ha restituito alla Fabbriceria, e questo è precisamente quel bene l'appezzamento, sul quale ho già detto esser finita ogni questione, cioè l'area di casa diroccata, venduta il 12 Giugno 1899 ai fratelli PALAMEDE fu OROMAZO, ma non dal Segretario, che anzi, per confessione stessa dei compratori, dicono che è di {è di} spettanza della Fabbriceria, sibbene dal parroco e Fabbriceria , senza che il Segretario fosse tampoco presente, che contrattarono, riscossero £ 60 e lasciano al Segretario, quello che rimane al possessore legale, ma fiduciario, il firmare cioè quello che i veri possessori han combinato. Si veda il documento N. 6.
Se dunque gli altri appezzamenti non sono ancora restituiti, io faccio appello all'onestà del Segretario stesso, perché come agì coll'area di casa diroccata, così riconosca esser suo dovere sacrosanto e formale di farne la cessione a chi è vero proprietario, ora che più che mai ci necessitano, e ponga così in tranquillità l'animo suo ed un paese intero.
Ma potrebbe forse far qualche impressione il fatto da lui addotto della Messa ogni anno celebrata dal Rev. Tom{m}asini, e delle Lire venti pagate a lui dal Rev. Zanchi, e che afferma ricevute quale compenso per l'uso dell'orto.
Ciò non dovrebbe creare difficoltà alcuna, giacché ammessa l'incuria da parte della passata e presente Fabbriceria, del compensare il Segretario stesso p(er) spese prediali da lui dovute pagare, come attesta egli stesso avvenuto nei primi 7 anni dalla morte del testatore, e ciò che avviene anche oggi, l'elemosina della S. Messa e le Lire venti in una sol volta, rappresenterebbero non l'affitto, ma detto compenso per le spese prediali da rifondere.
Il fatto, poi, insinuato dal Segretario, del mio rifiuto a comperar l'orto parrocchiale, non vien certo a sostener la sua tesi, giacchè doveva comperar io, ciò che credeva e creda mio? Che se non volli comperar da lui nemmeno un fondo attiguo, e che pervenne a lui per la stessa eredità, ciò è solamente perché egli non mi richiese, in presenza del R.do Parroco d'Ogna (oggi di Bagnatica) £ 1000 per pertica bergamasca, sempre protestando che lo cedeva a tal prezzo per sola deferenza a me, e per ajutar la Chiesa, dei quali buoni sentimenti, rendo al Segretario indefinite azioni di grazie.
(Benevolo lettore riserva ogni giudizio sino a quando rileverai il contenuto delle dichiarazioni trovate dopo, anche per riguardo a questo fondo).
Ne qui è il luogo di discutere anche sopra quel terreno segnato in Mappa al N. 162, se non erro; in proposito mi basti che V.a Ecc. Ill.ma Rev. prenda visione dell'allegato N. 7, rimettendomi completamente al giudizio che sarà per darne.
Ma rimane ancor da rispondere a due altre speciose ragioni contenute nel noto memoriale, che cioè: 1° era tanto io persuaso della proprietà anche morale del Segretario, che all'innalzare il fabbricato nuovo, ho osservato la distanza prescritta dalla legge in materia edilizia, 2° che i 2 Fabbricieri residenti a Piario insistentemente gli richiesero la cessione di detti appezzamenti.
Alla 1° rispondo che io, profano in materia di prescrizioni legali per l'edilizia, ho sempre creduto che per innalzare un muro di fronte ad un'altro di proprietà altrui, si dovesse osservare la distanza di 3 metri lineari. Ora il fatto, che il fabbricato s'erige alla distanza di soli metri 1,60 lineari dal muro di cinta dell'orto, prova pienamente com'io fossi assolutamente persuaso che l'orto era della Fabbriceria.
E ciò è tanto vero, ch'io nei 3 anni da me passati a Piario, ben 2 volte esercitai sull'orto stesso diritti veramente padronali ed abbastanza visibili, quali il far togliere completamente il tetto sovrastante alla porta dell'orto, perché minacciava di cadere, più il cambiare la serratura e la chiave vecchia, sostituendola con una nuova, fornitami dalla Fabbriceria. Ora perché, avendo io eseguite queste operazioni, importanti diritto padronale, il Segretario non è insorto mai a far protesta o comunque a muover osservazioni, mentre egli stesso, benché munito di lenti, vidde senz'altro che il tetto mancava completamente?
Quanto alla 2° ragione addotta rispondo: Qual meraviglia può fare e quale difficoltà creare il fatto che i 2 fabbricieri gli han chiesta insistentemente la cessione dell'orto parrocchiale, dacchè è loro proprietà, ed ora urge atterrare il muro guardante il nuovo fabbricato, e l'altro prospiciente una striscia di terreno da me comperato per ingrandire l'orto stesso? Che del resto la Fabbriceria sappia e sia persuasa che la proprietà dei due orti è sua, oltrechè è risultato certo dall'inchiesta fatta dal M. R. Vicario d'Ardesio, lo potrà essa stessa deporre nuovamente e con giuramento, quando vi venga sottoposta.
Che se più presto 2 Fabbricieri non sorsero con me a protestare contro l'operato del Segretario, ed a denunziarlo, mentre il terzo fece il suo dovere, egli è perché questi 2 Fabbricieri dalla cervice dura, non furono mai persuasi del nuovo fabbricato, e se volessi, potrei provare ch'essi allo scopo di divergere il denaro che dovrei impiegar nella nuova fabbrica, si sono completamente affiatati e messi d'accordo col Segretario nel giuocar questo tiro che onora poco l'uno e meno gli altri.
Ecc.za Ill.ma Rev.ma ho scritto queste ultime parole coll'animo profondamente amareggiato pel contegno di quelle persone. Poiché mentre io incoraggiava l'uno a far passi col Segretario onde ottenere la cessione, dicendogli che si trattava non d'una mia comodità od interesse, giacchè grazie a Dio, tengo altri orti e ne potrei fare quanti voglio sempre nel mio e per mio uso, ma dell'interesse di tutti i Parrochi e del paese; uno dei due correva ad aizzare il Segretario, esponendo a suo modo un'espressione, quasi che io non sapessi che farne dell'orto, ciò che il Segretario poi non mancò di rinfacciarmi, l'altro, dopo aver incoraggiato l'operajo praticante la breccia nel muro di cinta, assicurandolo che, ad opera finita o lui o il Segretario avrebbero pagato, appena minacciate le pene canoniche, ebbe l'ardire di scendere in casa di Mons. Cancelliere a protestare che l'orto era della Fabbriceria, non per altro che pel timore d'essere coinvolto nelle pene stesse.
Non potea aspettarmi di meglio da quei 2 individui, poiché dopo d'aver osteggiato la fabbrica apertamente e nascostamente col ritrarre i volontari dal lavoro, oggi sfidando la persuasione e le critiche severe di tutto un paese, finirono di rivelare il loro malanimo ed il loro pensiero, con un'ultimo colpo, che se riuscito avrebbe per conto loro compromesso e gravemente la casa nuova ed i diritti stessi della Chiesa che dovrebbero difendere.
Né contenti di questo, vollero porre il colmo della loro audacia, eleggendo nell'ultima seduta, e mentre pende questa questione, il Segretario stesso a Segretario della Fabbriceria!
Ho finito Ecc.za Ill.ma Rev.ma, ho voluto dir tutto, perché tutto si sappia e perché nel caso si debba percuotere, non sfugga al castigo, chi è causa del male.
Mi perdoni la prolissità, la forma con la quale ho segnato i pensieri, currente calamo, e gradisca in pari tempo i miei sentimenti di pieno attaccamento e perfetta obbedienza, mentre godo di potermi rassegnare, baciandole il S. Anello
di V.a Ecc.za Ill.ma Rev.ma
Devot.mo ob.mo figlio
F.o Prete Andrea Colombo
Piario 20 giugno 1907»
Apparso su B.A.S.P. Settembre/Ottobre 2004
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