Sua Eccellenza Ill.ma Rev.ma dopo l’invio della soprascritta saggiamente disponeva per un confronto fra il Parroco ed il Segretario in presenza di Mons. Masoni e del Rev.mo Prevosto d’Ardesio e nella sua casa anche per la ricognizione della firma del Segretario e della sua calligrafia stessa nel viglietto già sopra trascritto, avvenuto il quale, il Paroco scriveva di nuovo a S.a Ecc.za Rev.ma da Ardesio:
Ecc.za Ill.ma Rev.ma
Ardesio 18 Luglio 1907
Oggi stesso avvenne il convegno fra l’incaricato di V.a Ecc.za Ill.ma Rev.ma Mons. Canonico Masoni, il Rev.do Prevosto di Ardesio, io ed il Segretario intestato dell’atto in questione, e si convenne che io redigessi un memoriale da trasmettere alla Ven.da Curia ed al detto Segretario, per quelle controsservazioni che credesse di fare, affinchè poi V.a Ecc., tutto visto e considerato, possa decidere in merito alla questione. Ed eccolo:
1° Per riguardo al memoriale presentato dal Sig. Baronchelli lo potrei soscrivere a 2 mani, con questa sola osservazione che eccepisco assolutamente per quanto afferma sulla proprietà morale degli appezzamenti di terreno ed area di casa diroccata, che ho chiamati globalmente in questione.
2° Riguardo alla proprietà morale di detti beni, ho 2 osservazioni da fare, delle quali la 1a = Quando entrai in qualità di Ecoomo Sp.le a Piario, dalla Fabbriceria venutami ad incontrare, ebbi in consegna, senza alcuna osservazione, le chiavi della casa canonica e dell’orto, ch’io considerai da quel momento come cose di mio diritto, spettantemi quale Economo Spirituale, e cominciai ad usarne come tali, senza che alcuno avanzasse mai osservazioni, restrizioni o proteste fino a questi giorni, cioè quando, senza esserne avvertitone dal Segretario, ne dai Frabbricieri, viddi che si demoliva parte del muro di cinta dell’orto.
Da quì la necessità ch’io discendessi a Gazzaniga ad informare verbalmente V.a Ecc.za Ill.ma di quanto avveniva, da quì la lettera scritta al Rev. Parroco di Ardesio da V.a Ecc.za, da quì la sua inchiesta a Piario, da qui l’intimazione fatta al Segretario di sospendere i lavori, da qui il suo memoriale. 2a = Costretto dalle circostanze ad esaminare in atti come si trovava la questione, rovistai l’Archivio e trovai il seguente documento che trascrivo: N.B. È l’autografo già scritto per esteso qui.
3° E poiché il Segretario stesso, seduta stante, ammise l’autenticità del documento mostratogli e della sua firma, diventa necessario conoscere se i beni indicati nel documento siano per caso i 2 orti e l’area indicata sotto il N. 1, o quali altri siano, avendo la Fabbriceria sborsata la somma, di cui il Sig. Baronchelli stesso la tenne responsabile, e che era stata da lui sborsata per conto della stessa.
Da quanto sopra emerge chiaramente che quanto mi mosse ad agire come ho agito, non fu animosità personale contro il Sig. Baronchelli, né mira d’interesse personale, ma l’interesse della Chiesa ed il sentimento del dovere.
Collimando poi queste circostanze di fatto coll’opinione generale del paese a riguardo della proprietà di detti appezzamenti, e col fatto del godimento indistrurbato da parte de’ miei antecessori e mio, tantopiù mi sono persuaso del dovere di agire in tal modo, lasciando completamente ai RR.mi Superiori il definitivo giudizio.
RiverendoLa dist.e prostrato al bacio del S. Anello me Le riaffermi
Di V.a Ecc.za Ill.ma Rev.ma
Devot.mo obb.mo figlio
Sac. Andrea Colombo
Egual lettera con diversa chiusa, si spedì da Ardesio al Segretario stesso. Ognun qui comprende come la stilizzazione del suesposto fu perfettamente concordato tra Mons. Masoni, Prevosto di Ardesio e il Sac. Colombo, ed è così ridotto per l’aitazione vivissima nella quale si lasciò cadere il Segretario nella seduta di confronto, ed alla vista del suo viglietto, che riconobbe per suo, ma di cui non s’aspettava la esumazione.
Ecco la risposta del Segretario =
Eccellenza Ill.ma e Rev.ma,
Presa visione del memoriale 18 Luglio scorso del Parroco di Piario, Sac. Colombo, circa la nota vertenza da lui sollevata sulla proprietà di appezzamenti di terreni che mi appartengono, confermo anzitutto pienamente quanto ebbi ad esporre nel mio primo memoriale, e ripeto esser affatto prive di fondamento le eccezioni che si vogliono fare a riguardo del mio possesso morale. Ed invero:
Quanto alla prima delle osservazioni esposte dal prelodato Sig. Parroco, mi limiterò a rispondere, che non è vero che egli ebbe la chiave dell’orto in una a quella della casa parrocchiale quando entrò a Piario in qualità di Economo, ma sibbene circa due anni dopo, e non prima cioè che venisse accordato il Placet alla sua nomina a Parroco; falso pertanto che la consegna gli venisse fatta dalla Fabbriceria andata ad incontrarlo, che ciò non avvenne mai, e non meno falso poi l’altra sua affermazione che pel godimento suo dell’orto alla Chiesa, mai gli vennero fatte osservazioni, restrizioni, o proteste insino a questi giorni, mentre invece da molto tempo ed in parecchie riprese io lo feci affertito a mezzo del Presidente della Fabbriceria – alla cui testimonianza io mi appello – del mio diritto di proprietà non solo, ma lo richiesi anzi di un compenso quale suo implicito riconoscimento.
Efu solamente quando – e malgrado gli inviti fatti dai fabbricieri – il Sac. Colombo, nno aderendo all’invito, dimostrò chiara la intenzione sua di disconoscere il mio diritto, che io provvidi a salvaguardarlo, mediante quei lavori di ristauro che vennero tosto denunciati all’Ecc. V.a Ill.ma Rev.ma come lesivi della proprietà della Chiesa.
Passando poi alla seconda delle osservazioni del denunciante riflettente una quitanza di somma versatami nel 1887 dalla Fabbriceria, ripeto anzitutto e ci tengo a far rilevare come tale documento non trovi la sua determinante in obbligazioni a me pervenute in dipendenza dell’eredità del Baronchelli Pietro, e confermo esplicitamente quanto su questo punto ebbi già a dichiarare; che cioè nessuna disposizione restrittiva del diritto di proprietà, per nessuno dei beni, nemmeno in semplice via di raccomandazione o indicazione, mi venne lasciata dal mio benefattore.
L’accennato documento ripete invece la sua origine in una convenzione intercorsa nell’87 fra me e il Reverendo Parroco d’allora Sac. Tomasini, che mi era legato da vincoli di stretta amicizia. Per aderire ad un suo vivo desiderio, io avrei allora raccolta in massima la proposta di cedere alla Fabbriceria alcuni degli appezzamenti pervenutimi in eredità, e, date le ristrettezze finanziarie in cui versava, accettai intanto il solo rimborso delle spese dovute sostenute per la successione e le imposte prediali, rimanendo la liquidazione dei compensi dovutimi a quanto fosse stato in grado di sostenere la spesa.
Ma non ostante le mie reiterate sollecitazioni né il Parroco né la Fabbriceria mai si prestarono a tale liquidazione né alla definizione del contratto.
Il godimento dei beni io lo lasciai tuttavia a loro favore, e se si eccettua l’orto –pel quale era intercorso fra me ed il Parroco apposita convenzione – colla scusa della mancanza di mezzi e dell’elemosina a favore della Chiesa, mai ebbero ad accordarmi qualcuno dei compensi ch’io ripetutamente richiesi loro.
Non per inutile vanto, ma a solo titolo informativo, osservi poi che nel 1889 – dietro preghiera del Parroco Sig. Zanchi – io accordai a favore della Fabbriceria £ 70, costiuenti il ricavo di un’area di casa diroccata da me venduta a certi Legrenzi, e che prima ancora avea acconsentito che l’area del vecchio cimitero, che pure mi apparteneva – venisse nel nuovo catasto allibrata come luogo di culto.
La somma pertanto versatami restava generosamente compensata da parte mia che d’altronde accordai sempre il mio consenso a che continuasse il godimento dell’orto alla Chiesa a favore del Parroco e di quello di S. Rocco a favore della Fabbriceria, solo richiedendo in compenso che ve ne venisse riconosciuta la proprietà, il che fecero sempre gli antecessori del Rev. Colombo – contrariamento a quanto esso si compiace affermare – e cosi pure i fabbricieri attuali, che anzi ancora recentemente mi chiesero in vendita i detti fondi, il che non volli loro accordare.
Quest’ultima circostanza verrà poi a rispecchiare quella che è l’opinione generale del paese a riguardo della mia proprietà morale meglio che non l’abbia fatto il Sac. Colombo, che ove l’avesse riportata quale veramente è, e non quale egli la vorrebbe, avrebbe fatto opera onesta, sebbene punto rispondente ai suoi fini, ed avrebbe realmente adempiuto a quel sentimento del dovere, col quale crede di larvare le grette mire di animosità e tornaconto personale, cui unicamnte sa informare le sue azioni.
Mi tengo a disposizione dell’Ecc. V. Ill.ma Rev.ma per tutte quelle spiegazioni o indicazioni che fossero eventualmente per occorrere nell’argomento, e nel mentre chieggo venia dell’involontario disturbo, mi segno
Dell’Ecc. V.a
Umilissimo
F. Baronchelli Bernardo Segretario
Ogna 13 settembre 1907.
A questa risponde il Parroco con altra
Ecc.za Ill.ma Rev.ma
Ecco la risposta al memoriale ultimo inoltrato dal Segretario di Ogna.
Innanzitutto mi permetto ricordare che il detto Segretario non ha risposto al mio se non dopo l’intimazione fattagli di rispondere entro 8 giorni, come pure di rilevare il tempo nel quale fece pervenire a V.a Ecc. Ill. Rev.ma la sua risposta cioè il giorno 16, giorno della S. Visita Pastorale per Piario, giorno antecedente a quelo della S. Visita ad Ogna, e quindi allo scopo di prevenire ed impedire la sua possibile sua chiamata d’innanzi a V. Ecc.za che nella nota vertenza è giudice. Procedo poi alla rassegna di detta risposta.
Sin dall’esordire chiama le mie eccezioni, prive di fondamento, e tenta dimostrarlo, ma evidentemente non vi riesce. Mi regala del mentitore almeno 3 volte, dicendo ch’io non ebbi la chiave dell’orto in un con quella della canonica, che dessa non mi fu consegnata dalla fabbriceria, e che venni avvertito dal Presidente della Fabbriceria del suo diritto di proprietà sull’orto e della pretesa di un compenso per l’uso. A ritorcere queste affermazioni di falso, basterà che l’Ecc.za V.a Rev.ma ricordi le domande girate in persona al Presidente della Fabbriceria e le risposte riportate, ed in esse il Sig. Baronchelli Segretario troverà le sue affermazioni contraddette esplicitamente, da coloro stesis ch’egli chiama a testificare per lui.
E qui a V.a Ecc.za Ill.ma e Rev.ma non sarà certamente sfuggita quell’aria di indifferenza e quasi di disinteresse assunta dai Fabbricieri nella presente questione, mentre vi dovrebbero essere interessatissimi, ciò che in un colle affermazioni del Segretario e le risposte date a V.a Ecc. Rev.ma contradicenti alle affermazioni del Segretario, sono la fotografia più bella della falsa posizione nella quale si trovano i Fabbricieri, di dover da una parte dar ragione al Segretario, perché con lui sono in piena linea d’accordo nel brutto tiro, e di dover poi parlare in modo contrario a V.a Ecc.za per tema di esser coinvolti in quelle pene nelle quali egli potrebbe eventualmente cadere.
Ma passando sopra a ciò che pel momento nella nostra questione, veniamo all’argomento che più importa.
E quì V.a Ecc.za mi perdoni se devo dire: ci vuol un bel coraggio per affermare che quel documento non trovi la sua determinante in obbligazioni a lui pervenute in dipendenza dell’eredità di Baronchelli Pietro in lui stesso, perché questo è appunto quelo che si trova chiaramente ed esplicitamente scritto e dichiarato.
Né minore è la disinvoltura colla quale si decifra la determinante secondo lui vera.
Perdoni Ecc.za, il Segretario, a tempo perduto è anche ciclista, e quando si trova al largo ed al pieno con quattro pedalate ci tiene a fare una volata, ma stavolta, cioè, alle strette, è proprio il caso d’un pietoso volo d’Icaro. Stretto dalla chiarezza e dalla forza dimostrativa del documento, non sa più come uscirne, e tutto occupato a trovare una via d’uscita, dà libero il volo alla fervida fantasia, trova, o forse sarebbe meglio detto, inventa un ripiego qualunque, non bada se è almeno plausibile, e con quello crede uscire pel rotto della cuffia, e ricade invece, senza avvedersene nelle maglie, ancor più strettamente di prima.
Di grazia non sa il Segretario che quando uno ha beni che gli spettano p(er) successione e per eredità da un testatore, non ha alcuna convenzione da fare col coerede di altri beni, che relativamente ai suoi, nel caso nostro non diventa che un prestanome, un vero portapanni? È plausibile, anzi dirò possibile che un proprietario scenda a stupilar una convenzione ed a pagare il prestanome per beni già suoi p(er) titolo di eredità e successione? Via, caro Segretario, se non avete altri moccoli, potete andare a letto all’oscuro!... Vedi a metà pag. seg. al segno (I).
(1) Ma poi temendo che la speciosa trovata non fosse accettabile, passa ad altro argomento ed afferma, escludendo il proprio vanto, di aver lasciato allibrare a scopo di culto il cimitero vecchio di sua proprietà.
V.a Ecc.za sa bene che è un cimitero di pochi metri, e quindi un’immobile da nulla, ch’io, nei panni del Segretario, avrei preferito preterirlo col silenzio tale atto, che esporlo a prova di generosità.
Infatti, ci dica il Segretario, quale forma d’utilizzazion potea dare al minuscolo camposanto, che contiene ancora ossa ben conservate di morti, e che non si possono raccoliere o trasportare altrove, in un paese dove manca l’ossario? Questa cessione in buona moneta non è una generosità, ma un’affare di tutta convenienza per lui, perché così evita di pagare l’imposte prediali, dove non potrà ricavare utile alcuno.
Questa è generosità simile a quella che tentò dimostrare ad Ardesio, affermando che per sollevare il suo defunto benefattore da ogni responsabilità per un capitale, che, mentre era fabbriciere andò perduto, si era assunto di pagare £ 500, che egli diceva pagate effettivamente, mentre conserviamo lettere colle quali il def.o Subeconomo Castelli, interessava il R.o Prefetto a depennare dai conti tal credito verso di lui, perché resosi inesigibile.
A questo punto Ecc.za, io credo, sempre in perfetta linea di subordine, che non sia più decoroso il rispondere ulteriormente a chi distilla il suo cervello per trovar come condurre il can per l’aja, e turlupinare, se fosse possibile: troppo pazienti suoi lettori, ed al solo scopo di differire quanto può una sentenza che non dovrebbe tardare a venire, ma credo più decoroso invitare il Segretario a vuotar tutto il sacco delle sue prove, se ne ha in serbo, per poterne prendere cognizione e pronunciare poi la sentenza in merito.
(I) E poi detta convenzione è verbale o scritta? Se verbale, comunque sia, anche dichiarata con giuramento, non può infirmare la forza dimostrativa di un atto, di un docuemnto esibito da lui, e così esplicito e pien provante; oppure è scritto, e allora perché non lo mostrate lealmente in originale, come facemmo noi con lui? E non ha forse tutto il diritto Chi deve giudicare di conoscere perfettamente i documenti tutti inerenti alla questione circa la quale è chiamato a pronunziare una sentenza?!...
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Perdoni Ecc.za la mia chiaccherata e tutte le mancanze, che involontariamente vi avrò commesse, mentre professandoLe tutta la mia stima, attaccamento e devozione, inginocchiato al bacio del S. Anello, ho l’onore di protestarmi di nuovo
Di V.a Ecc.za Ill.ma Rev.ma
Devot.mo obb.mo figlio
Sac. Andrea Colombo
Piario 24/8 1907
Il giorno 13 otobre del 1907, il Signor Bernardo Speranza, amico intimo del Rev.do Signor Zanchi Sac. Vito ex parroco di quì, e che al Parroco Don Colombo, che l’avea pregato ad interrogare il detto Rev.do Don Zanchi, circa il versamento di £ 20 che il Segretario decantava aver ricevute come compenso per l’uso orto in questione, rispondeva testualmente così = Don Vito, da me confessato, poco ricorda in merito a tutto ciò che riguarda la Fabbriceria, nega però recisamente che abbia versato al Segretario £ 20 per compenso uso orto, sia questa in valuta, sia per prestazioni ecclesiastiche…
F.o Bernardo Speranza.
Tale risposta venne presentata in persona dal Parroco a S. Ecc.za Ill.ma Rev.ma Giacomo Maria Radini Tedeschi Vescovo, che mostrò sorpresa. Va sanz dir…
Apparso su B.A.S.P. Novembre/Dicembre 2004
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